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GIOVANNI DALL'ORTO: "SUI GAY PALESTINESI VOGLIO FATTI NON PETTEGOLEZZI"

Ultimo Aggiornamento: 08/11/2005 14:59
08/11/2005 14:59
 
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Cari amici,



leggo oggi la lettera che Tommaso Giartosio ha inviato alla vostra testata rispetto all'inchiesta che Stefano Bolognini ha svolto per la testata "Pride", che dirigo, sulla notizia, molto diffusa in Italia, della presunta concessione dello status di rifugiato in Israele ai gay palestinesi.

Inchiesta che si è conclusa con la scoperta che questa notizia non è vera: nessun gay palestinese ha ottenuto lo status di rifugiato, anzi, al contrario, i gay palestinesi che vivono in Israele lo fanno da clandestini, prostituendosi, sotto la spada di Damocle del rimpatrio forzato.

Giartosio rimprovera all'inchiesta di non avere sottolineato a sufficienza la durezza della condizione di vita dei gay palestinesi.

Ora, a parte il fatto che a questo tema abbiamo già dedicato un buon paio di articoli in passato, ed anche il lettore più paziente non può leggere tutti i mesi la stessa cosa, l'amico Giartosio trarrebbe sicuramente maggior giovamento dalla lettura se quando critica un articolo lo leggesse, prima.

Per conto mio io li ho letti, gli articoli di cui Giartosio raccomanda la lettura (l'inglese lo so, dunque non è stato un problema). Ma non ci ho trovato nulla che non sapessi già o che Bolognini non avesse scritto pari pari nella sua inchiesta.

Che, lo ripeto, aveva per tema non "la condizione dei gay in Palestina" bensì, fin dalla prima riga, la verità di una notizia spesso ripresa dalla stampa italiana, quella della presunta concessione ai gay palestinesi dell'asilo in Israele. Punto.

Bolognini ha ricostruito a ritroso la notizia, ivi incluse le raccapriccianti notizie relative a gay messi a morte, buttati nei pozzi a morire di fame e di sete, e costretti a farsi esplodere come terroristi per lavare la loro onta di essere omosessuali. All'ambasciata israeliana abbiamo chiesto, e non una volta, notizia su questi casi, che sicuramente non possono essere passati inosservati. L'ambasciata non era a conoscenza dei fatti citati dai giornali italiani. Allora abbiamo chiesto ai gruppi gay israeliani, che ci hanno detto di averli letti sui giornali, ma di non averne saputo nulla in altro modo (e Israele ha sei milioni di abitanti, non è certo la sconfinata Russia). Allora abbiamo chiesto ai giornalisti stessi autori degli articoli, che ci han detto di averli letti su un articolo di Halevi su un giornale di destra. E infine, l'articolo di Halevi cita, ma condendolo con generose aggiunte sue, la testimonianza di Shaul Ganon, e solo su quella si basa. Punto.



Ora Giartosio afferma che altri, prima di Ganon, hanno dato quelle notizie. Mi spiace, ma insisto, prima di parlare, conviene leggere quel che si commenta. Infatti l'articolo della sua amica da lui citato, chi cita mai come propria fonte per le stime e le notizie? Ma ovviamente nient'altri che... Shaul Ganon.

E Aguda. Ma chi è Aguda? Be', è l'associazione di Ganon.

Che peraltro abbiamo debitamente contattato per la nostra inchiesta. Senza risultato.

Daccapo, gira e gira, la notizia che circola per il mondo ha una sola fonte: Halevi. Considerati i suoi precedenti politici, è davvero troppo supporre che ci abbia, come dire, ricamato un pochino su? Ed è un reato farlo notare... oppure il mestiere stesso del giornalista?



A me non basta sapere se nella repressione dei gay palestinesi (che io non ho mai negato: se si pensa che io l'abbia fatto, mi si citi allora la frase che avrei detto, per favore) succedono "cose agghiaccianti, stupri, a volte assassinii". Io ho chiesto a uno dei miei collaboratori di svolgere un'inchiesta (che ha richiesto mesi), proprio perché avevo sentito anche io di queste voci, ed ho chiesto di trovare i nomi dei gay assassinati, ho chiesto l'esito del processo per tali delitti, ho chiesto le date (questo, per chi lo avesse dimenticato nell'epoca di "Porta a Porta" e dei salotti televisivi preaddomesticati, si chiama "giornalismo"). Eppure nessuno era in grado di fornirmi dati, a iniziare dalle autorità israeliane. Stavo chiedendo troppo?

Ogni volta che sembrava che ne venisse fuori un dato, alla fine si arrivava sempre, esasperantemente, ad Halevi.



Bene, caro amico Giartosio, se tu sai qualcosa che io non so, perché non me lo racconti, invece di lamentarti perché non ho citato la tua amica? Perché non mi fornisci tu dati, nomi, date, sentenze di condanna dei fatti che denunci, visto che da come parli sembri sapere cose che neppure l'ambasciata d'Israele o i gruppi gay israeliani o i giornalisti italiani che ne hanno scritto sanno?

Perché io sto cercando fatti. Non mi bastano i pettegolezzi. L'amico, o l'amica, che l'ha sentito dire da un amico che lo ha letto su un giornale a cui lo avevo detto il cugino della portinaia di Halevi non mi basta. Non è così che si fa giornalismo e non è così che si fa informazione: le fonti vanno verificate.

L'amico Giartosio non è giornalista, quindi la cosa nel suo caso non è grave, ma alcuni di coloro che hanno riportato quelle notizie sono giornalisti, eppure non si sono mai minimamente preoccupati di verificare le fonti. In un caso ci si è addirittura limitati a tradurre alla lettera un articolo su Israele e riproporlo su un giornale italiano di destra, a firma propria. Questo è il giornalismo italiano...



E' impossibile che non ci siano omosessuali assassinati in Palestina: come ha documentato il libro di Andrea Pini, Omocidi ce ne sono di continuo anche a Roma, e in genere nella democratica e libera Italia. Eppure i nomi non vengono fuori. Reticenza?

E sia: reticenza. Ma allora Halevi, l'autodichiarato "estremista ebreo", dove le ha trovate, lui, le notizie? Ha forse fonti d'informazioni speciali, servizi segreti al suo servizio, per sapere cose che nessun altro mortale sa?

O forse usa la stessa fonte d'informazione che ci ha svelato delle "armi di distruzione di massa" di Saddam Hussein e dell'uranio vendutogli dal Niger?



Caro Tommaso. Mentre tu t'indignavi tanto solo perché non avevamo intervistato la tua amica (e credici, se l'ambasciata d'Israele ce l'avesse segnalata, come ci ha segnalato Shaul Ganon, l'avremmo sentita: abbiamo sentito chiunque siamo riusciti a trovare, ti assicuro: chiunque), nel frattempo Gay Lib (i gay italiani di destra) diffondeva un ennesimo comunicato stampa in cui affermava che i gay italiani devono appoggiare Israele (e il governo di Sharon) perché è l'unico Paese in cui i gay vivono bene, come dimostra il fatto che i gay palestinesi vi sciamano per ottenervi asilo...E cento!



Tommaso, capisco la tua buona volontà, ma forse ti è sfuggito che qui è in corso una guerra. Una guerra in cui nessuno è troppo piccolo e sfigato, neppure il movimento gay, per non essere arruolato - se necessario, anche con l'inganno - e spedito in trincea. A combattere la "barbarie sionista" o la "barbarie islamica", il "nazismo israeliano" o il "terrorismo palestinese", il "massacratore Sharon" o il "carnefice Arafat".

Come ho scritto nel mio editoriale, io rifiuto questa logica. Se mi si chiede di scegliere fra Stalin ed Hitler la mia scelta è "né Stalin né Hitler". Né l'organizzatore del pogrom di Sabra e Shatila, né i boia iraniani che gli omosessuali li impiccano, anche se sono ragazzini (e le foto dell'impiccagione io le ho pubblicate).

Non esiste una barbare "più" accettabile.

Chi, per malinteso "spirito umanitario", s'illude di scegliere "il minore dei mali", si limita solo a iniziare quella catena di cedimenti progressivi che in passato ha portato decine milioni di tedeschi, brave persone come te e me, a diventare nel giro di qualche anno "i volenterosi carnefici di Hitler" nella Shoah.



Sui diritti umani occorre insomma essere intransigenti, fanaticamente intransigenti.

E a chi viene a raccontarci bugie "in nome del bene della democrazia e della civiltà", rispondere che la civiltà e la democrazia non hanno bisogno di bugie.

Quelle, sono da sempre il belletto che serve a coprire le maschere ributtanti dei tiranni e dei costruttori di camere a gas.

Mi scuso quindi con te se per difendere la mia concezione della democrazia mi do da fare per smascherare le bugie di guerra. E' una cura che fa un po' male, ma ti assicuro che fa molto bene alla salute della democrazia. Che vive di verità, non di propaganda dozzinale.

Perché noi militanti gay non possiamo non dirci intransigenti nella difesa della verità.



Con stima

Giovanni Dall'Orto (direttore responsabile di "Pride").
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