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GLI OMOSESSUALI? "UNA SPECIE DI ETNIA SESSUALMENTE IDENTITARIA"

Ultimo Aggiornamento: 26/11/2005 03:35
25/11/2005 12:38
 
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La redazione

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Dal pregiudizio all'orgoglio (un po' viziato)

DI LUCA MASTRANTONIO

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Stat (h)omo pristina nomen, nomina nuda tenemus. Discutere su quando, come è perché si sia affermato il termine «omosessuale» non rientra in una peripatetica disputa da nominalisti. I nomi, come le idee, influenzano le cose. E le parole sono importanti. Ancor più se si tratta dell'«amore che non osa dire il suo nome», come diceva Oscar Wilde.

Un amore praticato da persone il cui stile di vita sessuale, dopo essere stato ostracizzato, si è imposto alla società (si pensi al metrosexual). Trasformando il ghetto in lobby para-etnica, passando da essere vittime di odiosi pregiudizi a veri e propri prigionieri del proprio orgoglio. Sbandierato come un vessillo da conquista anche in territorio improprio, generando confusione. Come la recente passione omo per il matrimonio, retaggio della cultura eterosessuale. Oppure la dicotomia tra individui omosessuali e atti omosessuali (per Gore Vidal, classicamente, esistono solo i secondi). O il diritto naturale a nascere e/o essere omosessuale con le sue pericolose derive eugeniste. A fare un po' di ordine ci prova Paolo Zanotti, con il libro «Il gay, dove si racconta come è stata inventata l'identità omosessuale», edito da Fazi.

Ormosessuale. Cos'è un "ormosessuale"? Il saggio "raccontato" di Zanotti parte con questa domanda paroliberista della piccola Zazie, protagonista del libretto di Raymond Queneau «Zazie nel metrò», affidata per qualche giorno allo zio Gabriel, omosessuale, nella Parigi degli anni Cinquanta. Tra evasioni e reticenza negherà fino alla fine di esserlo, salvo capitolare alla fina in una specie di lapsus. Quello di Zazie, comunque, è un misunderstanding sintomatica di una certa difficoltà a definire un orientamento sessuale, un'attitudine psicologica, una scelta erotico-estetica, un istinto ormonale innato. «Omosessualità», ricorda Zanotti, è una categoria che dalla carne, com'era nell'omoerotismo classico, è passata allo spirito dei tempi moderni, fino al logorio politico e la questione identitaria. Nata nel 1869, in pieno positivismo, «omosessualità» ha prevalso su altri termini come «inversione» (cara a Lombroso), «uranismo», «amore omogenico».

Rischiando però, attraverso il movimento gay e ora lo scenario post-gay (come ha detto recentemente Leavitt), di far saltare il banco. Perché? Perché doveva pur essere qualcosa gli omosessuali prima dell'invenzione di questo termine. Quindi il concetto di omosessualità esclude qualcosa. E forse include qualcosa che non gli appartiene.

Eros e logo. In una baraonda di eros, logos, tempora, mores, arte e scienza, il saggio polarizza l'attenzione su due correnti dominanti: l'«essenzialismo» e il «costruzionismo».

Zanotti propende per il secondo, derivato da Marcel Focault, convinto che la sessualità sia un'invenzione moderna. A maggior ragione l'omosessualità. Divenuta una specie di etnia sessualmente identitaria. Sembra quasi una disputa tra creazionisti e darwiniani sull'origine del mondo. Gay. Si nasce o si diventa? Zanotti dubita del gene gay ma ricorda che il gay maschio, come Adamo, è nato prima della lesbica moderna. Mette in guardia dalla deriva darwinianamente negativa che può prendere un'esasperazione identitaria: l'omosessualità rischia di annullare le sue stesse condizioni di possibilità. Non è un caso che guardi con molto scetticismo i bisessuali: «strani unicorni».

Il Riformista
26/11/2005 03:35
 
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madonna quante pippe mentali... quanta gente che vuole dedurre realtà di fatto dai semplici termini e dalle etimologie... tra l'altro senza ascoltare che ne pensano i diretti interessati. vabbé se la dovranno pure inventare una scusa per ghettizzare qualcuno....
un solo commento: bah.
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