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Leggere gay a Beirut

Ultimo Aggiornamento: 20/12/2005 20:13
20/12/2005 20:13
 
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E' nata in Libano la prima rivista omosex del mondo arabo. Si chiama Barra.

Pubblicare o non pubblicare un'antica incisione persiana che rappresenta un atto di sodomia tra due uomini? Siamo a Beirut, nella sede di Helem, l'associazione libanese per la difesa dei diritti di gay, transessuali e lesbiche. Un gruppo di giornalisti si accalora attorno alla questione. Dopo qualche minuto di dibattito il verdetto è emesso, ed è unanime: "Andiamo in stampa!".

Il prossimo numero di Barra (vuol dire "fuori", in arabo), l'ultima, coraggiosa impresa di Helem si annuncia in grande stile.

Il magazine è stato partorito nel maggio dell'anno scorso e ormai fa parte della accresciuta famiglia dei media libanesi. La sua nascita non è stata annunciata da trombe e fantare, ma la nuova arrivata e rivoluzionaria di per sé: perché Barra è la prima rivista gay del Medio Oriente, una regione dove l'ostilità verso l'omosessualità non ha bisogno di essere dimostrata, «II nostro obiettivo, con la comunità omosessuale libanese un ambiente nel quale possa esprimersi su temi che sono sia politici, sia culturali, sia artistici», spiega Mounir, caporedattore del trimestrale.

Tre numeri, In tre lingue

L'omosessualità di per sé non è un argomento totalmente tabù per la stampa libanese in generale. Ma il modo con cui è affrontato risente di svariati limiti. Mounir ne sa qualcosa, giacché, per molti anni, da giornalista free-lance, non ha mai smesso di proporre ai grandi quotidiani del Paese articoli sull'argomento.

«Alla fine li pubblicavano, ma non frequentemente, e comunque sempre con grande fatica», ricorda Mounir, che ha una trentina d'anni. Già qualche anno fa non esitava a usare la carta della provocazione, come quando sottopose a un giornale in lingua araba un articolo intitolato: "Perché abbiamo paura del pene?". «Bisogna puntare sempre molto in alto per riuscire a strappare alla fine compromessi mini¬mamente decenti., butta li l'autore con un sorriso beffardo sulle labbra.

L'articolo al centro del dibattito nella riunione di redazione di oggi ha per titolo un casto "La celebrazione della mascolinità". Ma con Barra Mounir e gli altri possono finalmente togliersi delle soddisfazioni. E così hanno pubblicato, sulla copertina del secondo numero, uscito quest'estate, la foto di due donne abbracciate. Sulla quarta di copertina compariva la pubblicità di un'urganizzione di attivisti contro l'omofobia: sopra la foto del volto di un bebè si leggeva "presunto eterosessuale". All'interno, una trentina di pagine contenenti articoli in inglese, in arabo e in francese, specchio di un Paese che mescola le tre lingue.

Informare Innanzitutto

Su Barra si parla ovviamente anche di Aids, una malattia che devasta sempre più la comunità gay libanese e contro cui dal 2001 - anno di nascita dell'associazione - Helem porta avanti la sua battaglia. Ma c'è anche un altro flagello che terrorizza gli omosessuali del Paese dei cedri: la polizia. L'articolo 534 del codice penale, ereditato dal mandato francese, recita che "ogni congiunzione carnale contro natura" è punibile con un anno di reclusione. E se è pur vero che negli ultimi dieci anni, in Libano, Paese noto per la sua relativa apertura in confronto al resto del mondo arabo–musulmano, non sono state emesse condanne per omosessualità, «la polizia utilizza quell'articolo per assillare i gay e per estorcere loro del denaro., riferisce Georges Azzi, coordinatore di Helem. Un comportamento mafioso che rende la comunità gay particolarmente vulnerabile.

«Ci sentiamo cittadini di seconda categoria. Quando un omosessuale è aggredito in un luogo di ritrovo frequentato da gay o subisce il ricatto di qualcuno che minaccia di rivelare la sua omosessualità ai parenti, costui non osa sporgere denuncia, perché regolarmente succede che, alla fine, la vittima deve anche subire le angherie della polizia!», spiega arrabbiato Georges. In questo contesto, non sorprende che Barra dedichi ampio spazio editoriale alle questioni legali: «In questa rubrica, informiamo i gay sui loro diritti e sui diversi mezzi che hanno a disposizione per difendersi», spiega Mounir.

Ma, attenzione. Barra non riflette soltanto le situazioni difficili, che sono di ogni tipo. Così come parla della vita della comunità gay del Libano, la rivista affronta anche argomenti più leggeri, in preva¬lenza storie che riguardano incontri o avventure omo in terra araba. Sono stati pubblicati, per esempio, i racconti di alcuni giornalisti stranieri. di passaggio a Beirut, sulle esperienze sessuali consumate in taxi malridotti. Per pochi dollari, il tassista è ben disposto a chiudere un occhio sui giochi che hanno luogo sul sedile posteriore di Mercedes vecchio modello. Sedile che, nelle stesse pagine, viene descritto come estremamente confortevole anche da un giornalista britannico di origine araba desideroso di emozioni forti.

Dieta e griffe

Sfogliando oltre, un certo Dabbour offre lezioni di stile ai suoi compagni gay. Niente è lasciato al caso, la biancheria intima "in" è obbligatoriamente griffata Calvin Klein, i pantaloni sono tutti a vita bassa, proprio per far vedere l'etichetta delle mutande. la T-shirt deve essere attillata. e quindi occorre avere un corpo snello. Per ottenerle, DaaUper raccomanda di mangiare senza zucchero, senza grassi. anzi, più radicalmente, di non mangiare affatto. Per quanto riguarda gli accessori, il preservativo profumato ai frutti esotici è un musi, così coree Io sono gli occhiali scuri, inforcati sul naso giorno e notte. E infine, per non sfigurare nei salotti. Dabbour raccomanda un corso full-immersion sulla serie tv Sex and the City. Come ogni periodico che si rispetti, Barra propone ai propri lettori anche l'oroscopo, appena riadattato. Per il Toro. per esempio, "Madame Orrore". una chiaroveggente molto ispirata, sostiene la necessità di darsi più da fare; ai Pesci consiglia di calmare gli ardori sessuali e agli Scorpioni di porre un freno alla masturbazione. Su Barra hanno diritto di parola anche gli artisti: c'è spazio per poeti, fotografi e critici letterari e musicali. «II fatto è che non vogliamo ghettizzarci», spiega il caporedattore: «Nel nostro terzo numero affrontiamo argomenti che possono intetesi.e . n ,ut-hl co più vasto. La protezione dell'ambiente, per esempio. Per combattere l'omofobia, dobbiamo aprirci agli eterosessuali e non rinchiuderci in uno spazio chiuso. Se Barra sarà letta esclusivamente dai gay solo allora potremmo dire di aver manca-to il nostro obiettivo».

«Fino a poco fa venivamo considerati adoratori del diavolo», dice Georges Azzi di Helem, l'associazione da cui è nato il magazine

Il coraggio di firmare

Sta qui la differenza sostanziale tra Barra e le riviste gay che si possono trovare nelle edicole europee. Se queste puntano soprattutto all'intrattenimento dei lettori, Barra vuole essere militante per dare visibilità e sicurezza alla comunità, con l'obiettivo di incontrare ed essere accettata dal resto della società. «lo credo che i libanesi non siano intrinsecamente omofobi. Il rifiuto dell'omosessualità è piuttosto conseguenza dei miti costruiti attorno agli omosessuali. Non molto tempo fa ci consideravano adoratori del diavolo». ricorda Georges. «Helem e noi di Barra lavoriamo per cambiare quest'immagine, per mostrare che siamo parte integrante della società libanese». A questo scopo, Il giornale ha previsto per il prossimo numero (uscirà a Natale) una rubrica dedicata alle celebrità arabe omosessuali, lesbiche o transessuali. Un modo di provare che l'omosessualità e il successo nella vita sono compatibili anche in terra araba.

E in quest'ottica di visibilità che Mounir firma tutti gli articoli. «Siamo in tre a firmare, mentre lo staff è fatto di una decina di giornalisti. Io invito i redattori a evitare gli pseudonimi», dice. A nascondersi dietro a uno pseudonimo sono sempre meno giornalisti. E se il primo numero di Barra contava solo 20 pagine, il secondo ne ha 32 e il terzo ne avrà addirittura 87.

Resta aperto il problema del finanziamento. Helem non ha i fondi per comprare una licenza e la testata deve auto-finanziarsi. Attualmente la rivista è distribuita a Beirut in alcune librerie, nelle università, nei bar e nei ristoranti gay. Ai lettori si chiede di versare un contributo minimo di 5 mila lire libanesi (3 euro). Gli inserzionisti per ora latitano ma Mounir e gli altri non si buttano giù. Sono convinti che l'avventura non debba fermarsi alle frontiere libanesi: «Vogliamo che la nostra rivista arrivi al resto del mondo arabo», afferma. L'obiettivo in parte è già raggiunto, su Internet.
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