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Secondo la Padania (e la Lega) il voto gay andrà ai Radicali

Ultimo Aggiornamento: 15/01/2006 12:26
15/01/2006 12:26
 
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Dopo lo storico scollamento dal blocco sociale della classe operaia, che da tempo sta trasferendo parte della propria dote di voti ai partiti del centrodestra, e dopo l’erosione dello stereotipo culturale della pretesa superiorità morale innescata dall’inchiesta sul risiko bancario, il processo di sgretolamento delle roccaforti ideologiche della sinistra continua con un altro clamoroso fenomeno: la perdita del bacino elettorale garantito dal voto omosessuale, valutato in un paio di milioni di schede.
Che i gay non si sentissero più vincolati alle istanze minimaliste e alle prudenti tempistiche dettate dalle segreterie dei partiti comunisti e post-comunisti lo si era intuito già da tempo e le polemiche interne che hanno preceduto la manifestazione di ieri a Roma l’hanno dimostrato in modo abbastanza evidente. L’”amarezza” di Prodi è stata fortemente biasimata dal mondo omosessuale e alle critiche non è sfuggito nemmeno l’atteggiamento cerchiobottista di quei soggetti riformisti che corteggiano i cattolici, come ad esempio i Ds e la Margherita, che non erano parsi troppo convinti dell’opportunità di scendere in piazza. Ce n’è abbastanza per sostenere che in questa, come del resto in altre recenti occasioni, gli omosessuali italiani abbiano voluto stracciare e rimettere in discussione una delega di rappresentanza non-scritta, avvertendo quelle segreterie che già mettevano nel conto i loro voti che questa volta non si sarebbe trattato di un sostegno scontato, ma condizionato. A confermare tale sensazione e a preannunciare inoltre una consistente migrazione del voto omosessuale è ora un sondaggio realizzato dalla community on line gay.tv. Il sito internet ha chiesto ai propri lettori di indicare “il miglior amico” e “il peggior nemico” del popolo glbt (acronimo di gay, lesbiche, bisessuali e transessuali) e le risposte hanno intasato i server. Lanciato subito dopo Natale, il questionario è stato chiuso nella seconda settimana di gennaio registrando una straordinaria partecipazione. In nemmeno venti giorni, infatti, hanno depositato il proprio voto nell’urna virtuale circa 12 mila persone. Un risultato assolutamente ragguardevole se si considera che, contrariamente a quanto normalmente avviene nei questionari on line, il gestore aveva adottato severi accorgimenti per evitare che ogni singolo lettore si esprimesse più di una volta. Le dimensioni del campione perciò avvalorano il sondaggio indipendentemente dall’esito, che peraltro riserva non poche sorprese. Il personaggio in assoluto più amato dal popolo glbt è risultato essere Josè Luis Zapatero che ha ottenuto il 49,3% dei consensi. Il premier spagnolo è stato premiato, recita la motivazione, “per aver promesso il matrimonio omosessuale in campagna elettorale e per aver mantenuto la promessa una volta eletto”. La prima sorpresa, però, si registra nella seconda posizione, occupata da Daniele Capezzone. Raccogliendo il 46,7% dei consensi, il giovane segretario dei Radicali è riuscito ad insediare Zapatero per il fatto di essere riconosciuto come “l’unico politico di primo piano italiano che difende assiduamente i diritti degli individui glbt in ogni occasione mediatica”. Scorrendo la classifica si incontrano altri tre esponenti politici: Ivan Scalfarotto (12,8%), Nichi Vendola (12,3%) e Piero Marrazzo (2,8%). Al primo viene riconosciuto il merito di aver inserito il tema dei Pacs nel dibattito delle primarie mentre dei presidenti delle regioni Puglia e Lazio sono stati apprezzati i provvedimenti adottati per la tutela finanziaria delle coppie di fatto. Come si vede, però, Capezzone ottiene da solo quasi il doppio della somma dei voti ottenuti dal trio Scalfarotto-Vendola-Marrazzo.
Altro dato che è impossibile non notare è la totale assenza dalla classifica degli “amici dei gay” di qualsivoglia esponente diessino. Non ne compare neanche uno, nemmeno lo storico presidente dell’Arcigay, Franco Grillini, eletto alla Camera sotto l’insegna della Quercia. Nonostante la sua presenza, i Ds non sono stati ritenuti abbastanza credibili.
Peraltro, Rifondazione Comunista si salva in corner grazie al solo Vendola mentre Comunisti Italiani e Verdi non vengono nemmeno presi in considerazione. La deduzione logica è sin troppo semplice: i gay sono pronti a recidere il cordone ombelicale che li lega ai partiti di sinistra per investire della loro fiducia i Radicali, probabilmente giudicati più sinceri e combattivi. Una conferma a questa tesi arriva dal sondaggio contrario, quello che chiedeva di indicare “i nemici del popolo glbt”, che in questo caso funge da prova del nove. Al primo posto, con il 52,5% dei voti, si classica Papa Benedetto XVI. Le ragioni dell’avversione a Joseph Ratzinger sono così ovvie e evidenti che il sito le condensa in un emblematico “no comment”. Al secondo posto, con il 26,8% dei voti, si piazza un altro prelato della Chiesa, il cardinale Camillo Ruini, colpevole di “aver fatto del Vaticano un partito politico, violando puntualmente il Concordato e difendendo un modello di famiglia che non corrisponde più alla realtà”. Terzo personaggio più detestato dagli omosessuali è, a sorpresa, Francesco Rutelli. Il presidente della Margherita si è meritato il 15,2% dei voti in quanto colpevole di “aver tentato in tutti i modi di rendere solamente privata e non pubblica la tutela delle coppie di fatto nella legge del programma dell’Unione”. Anche nella lista dei nemici, così come in quella degli amici, non figura nemmeno un diessino, segno di un’indifferenza ormai diffusa e consolidata.
Se il sondaggio possa davvero avere un qualche valore numerico lo capiremo solo dopo le elezioni. In misura non quantificabile, tuttavia, dimostra la tensione a uno spostamento politico-culturale. Il popolo “glbt”, in poche parole, non si identifica più nei tratti logori con cui è solita descriverla la sinistra tradizionale e i gay italiani, oggi, non si accontentano più di portavoce estemporanei. Stufi della politica del compromesso e rianimati dalle conquiste spagnole, hanno alzato il livello delle pretese scoprendo che la sinistra rimaneva sempre un metro indietro. Per questo trasferiranno il proprio voto alla Rosa nel Pugno che, nata dall’alleanza tra i Radicali di Capezzone e lo Sdi dell’ultralaicista Enrico Boselli, sembra essere stata concepita proprio per rivolgersi a loro. Spostando il voto in modo consistente, l’elettorato gay potrebbe però diventare l’ennesimo fattore destabilizzante per la coalizione di Romano Prodi. Votare Radicali, infatti, significa non volere solo i Pacs, ma anche i matrimoni gay e magari il diritto di adottare bambini. Troppa benzina nel motore della Rosa del Pugno, insomma, indebolirebbe il baricentro della coalizione dirottando ulteriori consensi verso le periferie oltranziste già ben presidiate dagli eredi di Togliatti. Il motore dell’Unione, che nel frattempo avrebbe già perso per strada la ruota di scorta dell’Udeur, finirebbe probabilmente per ingolfarsi. Un bel guaio, per il tir giallo del Professore.
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