Franco Grillini mantiene la sua promessa
Pacs. Come primo atto dopo la sua elezione, il deputato Ds e presidente onorario dell'Arcigay presenta la proposta di legge per la tutela delle coppie di fatto. E scoppia la polemica
Vittorio Strampelli
Chi ben comincia è a metà dell'opera, e il Ds Franco Grillini non ha certo perso tempo. Mentre la XV legislatura non è ancora ufficialmente entrata in carica, e si perde tempo a discutere se venga prima il Capo dello Stato o quello del Governo, il deputato Ds e presidente onorario dell'Arcigay, insieme alla senatrice Vittoria Franco, ha già presentato la proposta di legge per la regolamentazione del Patto civile di solidarietà, altrimenti detto Pacs. Un testo che ricalca, ad eccezione di qualche piccola modifica, quello già presentato nella scorsa legislatura e sottoscritto da 161 parlamentari di tutti i partiti dell'Unione. Grillini ha fatto fuoco e fiamme perché il riconoscimento legale delle coppie di fatto venisse incluso nel tomo programmatico dell'Unione, dopo aver assicurato in campagna elettorale che la proposta di legge sui Pacs avrebbe avuto per lui priorità assoluta. Detto, fatto. Finalmente un politico che mantiene le promesse!
L'Arcigay ha subito accolto con entusiasmo l'iniziativa, chiedendo subito al nuovo governo di aprire una nuova fase di riforme sull´uguaglianza giuridica delle persone gay, lesbiche, bisessuali e transgender: “I due parlamentari Ds – ha affermato Sergio Lo Giudice, presidente dell´associazione – danno così il via ad una battaglia legislativa che troverà il suo corrispettivo sociale in una forte mobilitazione del nostro movimento”. E ha aggiunto: “L´Italia fa parte dell´Ue, non può avere leggi che legittimino l´apartheid giuridico di una parte così rilevante della popolazione”.
Com'era prevedibile, tuttavia, la “rivoluzionaria” proposta di legge non ha mancato di suscitare i timori – per non dire i terrori – dei tanti puritani benpensanti che affollano le fila tanto del centrodestra quanto del centrosinistra. Al di là della barricata, è subito insorto Maurizio Gasparri, accusando la proposta di legge di essere un attacco alle basi della famiglia tradizionale. E' un segno inequivocabile, ai suoi occhi, della “deriva zapaterista” cui l'Unione è condannata, e la destra userà “ tutti i mezzi per evitare che questo governo di funamboli trasformi la famiglia in una caricatura”. Gli ha prontamente risposto Enrico Oliari, leader di Gaylib, associazione gay di centrodestra: “Gasparri è un omofobico, perché dietro alle sue prese di posizione si nasconde la paura per il riconoscimento della coppia gay”. Non importa se di destra o di sinistra, insomma, per i gay l'Italia è un paese arretrato rispetto agli altri Stati europei in tema di riconoscimento della coppia omosessuale: “Ben presto – ha aggiunto Oliari – saremo superati anche dalle nazioni del terzo mondo”. E non ha tutti i torti, visto che iniziano davvero ad essere tanti i Paesi in cui il matrimonio viene visto come “unione di due persone”, indipendentemente dal loro sesso. In Europa, l'Italia svolge il triste e abituale ruolo di ultima ruota del carro, visto che anche la Slovenia (dal 2005), l'Ungheria (dal 1996!) e la Repubblica Ceca (dal 15 marzo scorso) prevedono il riconoscimento, totale o parziale, delle coppie di fatto. Nel resto del mondo, tanto per citarne alcuni, ci sono Argentina, Australia e Nuova Zelanda, Canada, Israele (dove sono considerati matrimoni di fatto anche le coppie conviventi omosessuali). In Sudafrica, poi, dove fino a dieci anni fa vigeva l'apartheid – con la segregazione razziale, che al confronto le discriminazioni riservate agli omosessuali sono poco più dei dispetti di un bambino – la Corte Costituzionale ha bocciato, il primo dicembre 2005, la legislazione vigente sul matrimonio, giudicata incostituzionale perché esclude le coppie dello stesso sesso.
Tornando a noi, nel centrosinistra il primo a gridare allo scandalo è stato Luigi Bobba, ex presidente delle Acli e ora deputato della Margherita. Insieme alla senatrice Dl Paola Binetti, ex presidentessa del comitato Scienza e Vita (nato per difendere la bontà della legge 40 sulla fecondazione assistita) il deputato Bobba aveva, alla vigilia del 9 aprile, inviato una lettera aperta ai cittadini cattolici, rassicurandoli a votare per l'Unione senza paura, che “l'attuazione dei Pacs non è urgente, e infatti il programma dell'Ulivo ne parla solo al paragrafo dedicato ai nuovi diritti”. La senatrice, in particolare, si era poi spesa in difesa della famiglia intesa in senso tradizionale, insistendo che al centro del programma dell'Unione c'è la famiglia e che “solo attraverso il matrimonio c’è un’assunzione di responsabilità verso la società”. E alla Rosa nel Pugno, che più volte l'aveva attaccata per le sue posizioni troppo ossequienti nei confronti della Chiesa, aveva replicato con durezza: “ La mia non è una posizione oscurantista ma che tiene conto del punto di vista di quella maggioranza di italiani che chiede di tutelare prima di tutto la famiglia. La Rosa nel Pugno cavalca solo il tema delle coppie di fatto ma sono ben altri i problemi più urgenti”.
Resta da vedere chi sia a decretare la maggiore o minore urgenza nella scaletta dei problemi da risolvere. Occorre sottolineare ancora una volta che Pacs non è sinonimo univoco di “matrimonio omosessuale”: una normativa del genere andrebbe a tutelare anche tutte quelle coppie conviventi di sesso diverso, che per motivi loro scelgono di non sposarsi. O quelle situazioni in cui uno dei due partner (Dio non voglia!) viene improvvisamente a mancare prima di aver contratto matrimonio, lasciando completamente indifeso/a l'altro/a componente della coppia. Il progetto di legge presentato da Grillini specifica, infatti, che “non si può imporre alle persone una drastica scelta fra due sole opzioni: il matrimonio tradizionale da una parte, l’assenza assoluta di qualsiasi riconoscimento giuridico di tutela in caso di eventi imprevisti dall’altra”. Chiaro poi che tale principio sia di fondamentale importanza soprattutto per chi come gli omosessuali “non può nemmeno scegliere di sposarsi”. Con i patti civili di solidarietà, ciascun contraente è tenuto a “provvedere alle esigenze economiche della coppia in ragione delle proprie sostanze e della propria capacità lavorativa” e, in caso di grave malattia, tutte le decisioni di carattere sanitario possono essere prese dal convivente, sentiti anche i familiari.
Ora, fate il tentativo di slegare, anche solo per un attimo, l'aggettivo “omosessuale” dall'acronimo “Pacs”. E provate a domandarvi cosa ci sia di tanto male in tutto questo.