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Salva Pegah, lesbica iraniana che rischiava la pena di morte

Ultimo Aggiornamento: 12/09/2007 14:19
12/09/2007 14:19
 
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Ogni tanto c'è una bella notizia ed è sempre un piacere pubblicarla.


Pegah, la donna lesbica iraniana che dalla Gran Bretagna rischiava l'estradizione nel suo paese e la morte, "è libera". Lo rende noto il gruppo Everyone, che ha promosso la mobilitazione per la sua vita, e secondo il quale la donna "si trova a casa di amici a Sheffield".

La notizia della liberazione di Pegah Emambakhsh dal centro di detenzione di Yarl's Wood - fa sapere il gruppo Everyone - è arrivata nella tarda serata di ieri. La sua liberazione, dicono dall'organizzazione, è frutto della mobilitazione internazionale ha cui hanno aderito migliaia di cittadini e centinaia di associazioni e organizzazioni per i diritti umani.

La donna si era rifugiata in Inghilterra per sfuggire una condanna a morte per omosessualità. Il suo status, secondo la legge britannica, non è più quello di persona accusata di immigrazione clandestina ma di rifugiata in attesa di permesso di soggiorno. Non dovrà quindi tornare in Iran.

"Ora che Pegah è fuori del carcere possiamo tirare un sospiro di sollievo - ha detto Matteo Pegoraro di Everyone - queste ultime ore sono state piene di tensione, eravamo preoccupati per la salute di Pegah e ci attendevamo una risposta da Yarl's Wood, dopo le nostre ultime campagne per la sua liberazione".

La campagna lanciata via Internet dal gruppo Everyone ha raccolto oltre 20 mila adesioni e sono giunti nel carcere inglese - secondo quanto riferisce lo stesso gruppo - quasi 30 mila mazzi di fiori indirizzati alla donna. Nell'arco di due settimane - conclude Everyone - Pegah verrà ascoltata dall'Immigration Court, ossia la Corte d'Appello inglese, cui i legali si sono rivolti per una definitiva risoluzione del caso.

"Vigileremo con attenzione - osserva Pegoraro - rimanendo accanto a Pegah, ansiosi di conoscere la decisione finale della Corte in merito alla sua richiesta di asilo come rifugiata nel Regno Unito".

La donna, il cui caso ha creato una mobilitazione internazionale - anche l'Italia si era detta disponibile ad accoglierla per evitarne la condanna a morte in patria - era fuggita nel 2005 nel Regno Unito dopo che la sua compagna era stata arrestata, ed aveva chiesto asilo. Asilo che dopo due anni di attesa le era stato negato. Il 13 agosto scorso, infatti, era stata arrestata e il ministro degli Interni Jaqui Smith aveva deciso la sua deportazione a Teheran, dove l'attendeva una condanna certa e dove rischiava la lapidazione.

Repubblica.it



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