Crozza: «Adesso tocca al presidente iraniano»
Parla il comico criticato dal giornale dei vescovi per la sua imitazione di Benedetto XVI. «Ma al Papa non rinuncio»
«Mi hanno chiamato dal New York Times, lo giuro. Ma dico: faccio il 3% di share su La7, non hanno di meglio da fare? E che dovrebbe succedere a Pippo Baudo? Un’intervista da Marte? Mamma mi ha telefonato: "Sei su tutti i tg, cos’hai fatto?". E io: "Mamma, sono più famoso di Alì Agca, e non mi hanno nemmeno aiutato i servizi segreti bulgari"».
Crozza, è la risposta alle polemiche sull’imitazione del Papa?
«No. Sto provando il monologo per lunedì. Sa cosa mi ha stupito? Tanta gente che ha dichiarato: "Non ho visto l’imitazione, ma mi offende". Mi ricorda chi ci dice come fare sesso e non fa sesso, come educare i figli e non fa figli».
Una descrizione dei documenti della Conferenza Episcopale?
«E’ una sua deduzione…. Certo, mi hanno trattato come il diavolo. Ma se non ho nemmeno scritto la Finanziaria!».
Domani alle 21 rinuncerà o no all’imitazione di Benedetto XVI
«Creo suspence. Accendete la tv. E vedrete».
Dicono anche che proporrà anche un’imitazione di Ahmadinejad, il presidente dell’Iran.
«Ci sto lavorando, continuo a sperimentare. Ma questa è l’idea: siamo a Teheran, c’è Antonio Zichichi che spiega a Ahmadinejad i segreti della bomba atomica. Il dialogo si ingarbuglia. Tutto finisce come la lettera di Peppino e Totò».
Si apre il capitolo della satira sul mondo dell’Islam?
«Non rivendico nulla. Paolo Kessisoglu e Luca Bizzarri imitarono tre anni fa Bin Laden. Io stesso ho fatto Saddam. Si ironizza su temi sicuri. Potrei fare Kim Jong-Il... Satira sull’Islam? E io che ne so? Non ho tre anni di corano alle spalle. Ma tre da chierichetto sì. Quasi una laurea breve».
Cos’ha pensato quando il segretario del Papa ha detto «basta»?
«La stessa cosa che ho pensato sul New York Times»
Cioè che don Georg Genswein non aveva di meglio da fare?
«Altra sua deduzione... Non credevo di avere tanto potere. Forse ho letto troppo Geppo da piccolo. Avrei dovuto dire troppo Faust, lo so. Ma fa lo stesso».
Ma lei si definisce un cattolico?
«Sì. Sono cresciuto con quei valori. Quando avevo sei anni sono entrato in chiesa e il prete mi ha detto: pentiti! Sono 45 anni che mi chiedo: di che? Ho sviluppato un gran senso di colpa… Mi sono sposato in chiesa, era un desiderio di mia moglie Carla Signorinis, cattolica e credente, che ho rispettato. I nostri figli a Genova studiano dai Maristi. Poi io con loro parlo di tutto. Anche delle religioni».
Però molti cattolici ritengono blasfema la sua satira.
«Ma non sono un mangiapreti, l’ho spiegato. La realtà è che parlo di un mondo che conosco e mi appartiene. Prendete Borat. Da ebreo prende in giro gli ebrei. Perché si ride di ciò che si conosce. E qui rispondo ancora sulla satira e l’Islam. Comunque lo penso da tempo: viviamo un Paese assai poco laico, molto clericale. Ma tutto questo non dovrebbe influenzare la cultura. Né la libertà di satira».
Avvenire parla di «totalitarismo satirico», di «satira intoccabile ».
«Non capisco cosa voglia dire. Io voglio poter sorridere di qualsiasi cosa riguardi gli esseri umani. Tutti gli esseri umani, incluse le loro debolezze. La satira è l’esasperazione, l’iperbole di quelle debolezze. Siamo tutti uomini. Tutti fallibili. Con la gag sul Papa volevo solo umanizzare il personaggio. Ricordare che non esistono idoli terreni».
Ha sentito il don Georg radiofonico di Fiorello?
«Non ancora. Ma dev’essere fantastico. Fiorello è bravissimo».
Sembra quasi che il «suo» Pontefice non sappia cosa dire…
«Ho la sensazione che la Chiesa sia un po’ anacronistica, che viva al di fuori della realtà. Per questo vedo Benedetto XVI come un attore costretto ad andare in scena ogni domenica con l’Angelus. Lì c’è molto Mel Brooks. E c’è l’amarezza dell’uomo: "Quando parlava lui, tutti dicevano bravo Papa, quando parlo io tutti dicono bravo Papa di prima...". Poi è arrivato il discorso di Ratisbona e abbiamo capito tutto».
Si metta però nei panni di un cattolico osservante.
«Già fatto. La moglie di un mio autore è cattolicissima osservantissima. Ora è anche delusissima dalla reazione della Chiesa. Anche a me, ora sono serio, tutto sembra una follia».
Ha detto monsignor Georg Genswein: sarebbe troppo onore se il Papa rispondesse a «questa gente ». Cosa risponde?
«Che va benissimo. Non bisogna attribuire troppi significati a un uomo di satira. Sono un comico. Non voglio cambiare il mondo. Ma voglio continuare ad essere un comico».