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Rapporto tra glbt e destra

Ultimo Aggiornamento: 27/10/2005 23:08
27/10/2005 02:03
 
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Il rapporto tra la destra e la cultura trans e omosessuale non è mai stato fra i più sereni e placidi. Naturale. Inutile ripercorrere polemiche recenti e passate che hanno contrapposto esponenti storici della droite italiana al mondo gay: basti per tutti ricordare quella volta che Daniela Fini manifestò la propria ostilità all'idea di insegnanti "omo"; o quando Francesco Storace - prima della morbida conversione filo gay - li apostrofò tout court come "froci". Come dire che "camerati" e "pederasti", non si sono mai troppo filati, anzi. E da tempi immemorati. Per non parlare del recentissimo dibattito sui Pacs dove, eccettuata la recente e coraggiosa apertura di Gianfranco Fini, i conservatori nostrani di unioni tra persone dello stesso sesso, non vogliono proprio sentirne parlare. Una antipatia a destra che nasce da lontano. Come scrive il giovane storico Lorenzo Benadusi, nel suo ottimo saggio, "Il nemico dell'uomo nuovo", i busoni erano appunto gli anti maschi, gli effeminati. In una parola, appunto, i nemici dell'orgoglio erotico italiota fin dagli anni Quaranta. L'orrore per il sesso tra virili e anti virili - spiega ancora il nostro - fu però una nota dolente rispetto all'efficacia repressiva del regime fascista. Che più che combattere l'omosessualità in sè, in realtà cercò sempre di reprimerne l'esibizione pubblica, usandola vieppiù come strumento per annientare i competitori politici, spesso tra le stesse fila fasciste. Tuttavia il lavoro di Benadusi documenta come per tutto il Ventennio, bordelli anche maschili (dove gli uomini si travestivano da donna) abbiano continuato a prosperare e a fungere da sfogatoi nascosti dell'aggressività repressa del maschio fascista tipo. Vizietti che - secondo i pettegoli dell'epoca - non risparmiarono pesi massimi del Gran Consiglio come Starace e molti altri. Intendiamoci: la destra italiana odierna non ha nulla a che vedere con quella del Ventennio. Salvo, appunto, questa tormentata e a tratti isterica sottolineatura dell'identità "maschia" del vero uomo di destra. Uno spleen latente ma ancora forte, marcato, teso a combattere il ri-conoscimento legislativo della diversità. Morale: così come allora la cultura trans continuò a sopravvivere negli innominabili bassifondi della sottocultura fascista, ecco che oggi, nell'era della tv totalizzante, quella stessa cultura è riesplosa in modo fragoroso in una traduzione massmediatica della "diversità" che probabilmente non ha precedenti. Basta che non si accampino diritti nel Comune di residenza; in tv il gay è più che ben accetto. Sono arcisicuro, infatti, che la stagione politica che ha visto e sta vedendo la Cdl governare le televisioni, tra qualche anno verrà identificata dagli storici del settore, come il tripudio, il consolidamento e il trionfo di una omosessualità in video chiassosa, esibita, colorata, sboccata. E questo, curiosamente, proprio mentre la destra italiana si ostina a rimuovere dal paesaggio sociale e a dis-conoscere nuovi soggetti di aggregazione "di fatto", sulla scia di scomunica del duo Ratzinger-Ruini. Fateci caso: la tv dell'era di Silvio premier è un florilegio di icone e trasmissioni gay molto pittoresche, spesso molto intelligenti e brillanti, ma comunque centrate su un'esibizione non normale del corpo, degli atteggiamenti e dei meta messaggi veicolati. Voglio dire: la tv berlusconiana, in fondo si è distinta per essere stata una delle più solerti università del travestitismo formato video. Non che l'Ulivo non abbia responsabilità, ovvio. Per capirci, il fenomeno Platinette che risale ai tempi del governo Prodi, fece capolino a Target, trasmissione di tendenza curata ai tempi da Giorgio Gori, in piena era ulivista. E non a caso, Platinette, al secolo Mauro Coruzzi, unanimemente riconosciuto quale mente lucida e acuto osservatore del costume italiano, confessa nel suo libro, "Tutto di me", il disagio profondo per questo ruolo da baraccone cucitogli addosso dal circo barnum televisivo. Al punto da incensare il media radio (dove lavora fin dagli inizi della carriera) che invece ne valorizza l'intelletto, a scapito della maschera. Cioè quell'icona che ne ha fatto - negli ultimi tre quattro anni - tra Buone Domeniche, Isole dei Famosi, Harem e infinite altre presenze, una dei personaggi in assoluto più presenti in video in Italia negli ultimi anni. Gli anni di Silvio Re, appunto. Forse allora non è un caso che Coruzzi - consapevole di esser diventato lo strumento della politica dell'anti maschio televisivo in era polista - sempre nel suo libro confessi di essere stanco della propria rappresentazione mediatica, auspicando la fine della propria carriera in radio, lontano dalla maschera. E che dire poi di Cristiano Malgioglio? Un paroliere conosciuto in tutto il mondo per aver scritto canzoni immortalate da Mina - e di cui importanti riviste musicali internazionali, a suo tempo, ne segnalarono l'indubbio talento creativo - costretto ultimamente a far la spalla frivola e colorata nei programmi del servizio pubblico. E questo semplicemente per un suo modo originale di porsi e di vestirsi. Non basta. Proprio mentre infuria il dibattito parlamentare sui Pacs, ecco che sempre Mediaset riscopre il mitico Solange, astrologo, veggente, opinionista della domenica pomeriggio, portatore di un messaggio non proprio straight ad un pubblico per famiglie, quello di Buona Domenica, diffusissimo nel profondo e macho meridione d'Italia. Dove però, guardacaso, la presenza in video di Solange non è servita ad arginare la violenza e il pregiudizio contro gli omosessuali, come segnalano rapporti recenti tipo "Omicidi", di Andrea Pini. E lo stesso accade anche quando il conduttore tv in questione vorrebbe porsi come gay di sinistra e politicamente impegnato: è il caso di Fabio Canino conduttore di "Cronache Marziane". Ma non si può. I maghi della videomanipolazione, infatti, non fanno altro che caricaturizzare questo tipo di trasmissioni con largo uso di drag queen, travestiti, gay leather, pornostar e via elencando, insomma di tutte quelle componenti trash e macchiettistiche dell'omosessualità, che certo non gratificano i milioni di gay e lesbiche che vivono nel nostro paese in assoluta normalità. Per giunta dati in pasto ad un pubblico giovane com'è quello di Italia Uno, distribuito al nord e nelle aree metropolitane, a cui la rete del Biscione evidentemente punta ad offrire un'immagine esasperata dell'omosessualità, irreale, artatamente trasgressiva e quindi, inevitabilmente, tragicamente comica. Finalizzata malamente al solo spettacolo televisivo. E l'elenco potrebbe continuare all'infinito. Magari attraverso operazioni più sottili. Ad esempio è il caso dei "Fantastici Cinque", un talk di successo de La7 che attribuisce a cinque gay eleganti il ruolo di custodi del gusto e del beau vivre, tanto da passare le giornate ad educare all'eleganza buzzurri eterosessuali bisognosi di un corso accelerato di stile e buone creanze. Gay intelligenti, dunque, ma circoscritti al ruolo di cicisbei incipriati. E che dire infine della potente macchina ideologica del "Grande Fratello"? Che nell'ultima edizione ha pilotato a tavolino la vittoria dell'iper dandy Jonathan, tutto urletti smorfie e shopping. Ossia l'etero che sembra gay ma che non vuol essere definito "frocio", perché il pensiero può far molto male a chi si offre all'immolazione del ridicolo... Sarà un caso che i super macho teocon oggi al potere (Giuliano Ferrara su tutti) neghino i più elementari diritti civili alle nuove forme di aggregazione sociale, cavalcando un ritrovato slancio omofobico della Chiesa cattolica? Curiosamente però. Perché, appunto, mai come in questi anni polisti i travestiti hanno popolato il circuito tv. Disconosciuti sì, ma ben ammessi e circuiti quando si tratta di coprirsi di ridicolo, no? Moderni giullari in braghe transex. Alla corte di Silvio Re.
27/10/2005 23:08
 
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effettivamente l'immagine di jonathan è troppo stereotipata! i gay non sono tutti come lui [SM=x432719]



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