Buffo e frainteso, a volte, è il destino di un filosofo. Lo si immagina chiuso nella torre d´avorio, austero e lontano da tutto, tranne che dai suoi pensieri. Mentre in realtà lui è qui tra di noi, a scarpinare sulle dure e polverose strade del mondo. Prendete Vattimo, per esempio. Gli amici, più stretti e sinceri, gli dicono: «Gianni, potresti essere un guru, un maestro, un esempio intellettuale per tutti noi, chi te lo fa fare di sputtanarti in questa maniera!».
E Gianni - con quella faccia un po´ così, tra il mite, il bello e l´invecchiato - sorride, li guarda e replica: «
Lo faccio perché mi sento libero. Perché sono libero. Ed è una cosa che mi tengo cara. Finalmente. Senza paure, senza mediazioni, senza ricatti possibili, senza creare dolore a mia madre, a Giampiero. Senza chiese. Senza partiti. Ah, che bello».
Un´autobiografia a quattro mani che provoca stupore e susciterà qualche scandalo per i toni onestamente crudi, per quel modo che la carne a volte ha di assorbire i pensieri.
Che egli abbia deciso di raccontarsi, in modo così impietoso, discende, in parte perlomeno, dalla capacità di non prendersi eccessivamente sul serio, di lasciare che le cose ci avvolgano e ci influenzino disinvoltamente. Ma al tempo stesso dal bisogno di mettere alla prova questa disinvoltura, che è senza peso, con la gravità del mondo.
Giunto a settant´anni, Vattimo è l´esempio quasi unico di un uomo che ha dato al dolore il volto contraddittorio della quotidianità. Non lo mescola con gli insondabili temi della teologia, con le volute del "male" e le imperscrutabili ragioni di un Dio incerto e remoto, ma lo stringe, per quanto gli è possibile, in quella zona contrastata e sfuggente che chiamiamo vita.
Provate a leggere l´incipit di questo libro e vi accorgerete di quali stati d´animo attraversino la confessione. «Diventare vecchi» - si chiede Vattimo rivolgendosi a Stefano che si presume essere la persona di cui egli è attualmente innamorato - «attenua il dolore della vita? Ci rende meno capaci di soffrire, e quindi di amare, e di provare passioni? Fa diventare più cinici, più duri, più insensibili? Me lo chiedo, oggi, all´inizio della mia vecchiaia. Temo sia così, e me lo rimprovero».
Il colpo di fulmine per un cubista convive, senza stridore, con l´emozione provata la prima volta davanti a un testo di Nietzsche. Certo, vuotare il sacco, proclamare la propria diversità, gli amori clandestini, le paure adolescenziali sono un esercizio difficile e raro, in un paese dominato dalla prudenza cattolica. E averlo fatto, senza censure, né calcoli ci restituisce una sorta di figura inattuale avvolta da una tenue "decadence".
Oggi Vattimo si sente un battitore libero: un uomo sul quale si addensano i ricordi, ma che non ha rinunciato a combattere. Contro che cosa? Innanzitutto
contro lo scandalo della morte che ruba l´amore, gli affetti, gli amici, gli amanti, i compagni: Giampiero che muore di aids a 43 anni e poco dopo dello stesso male Julio e Sergio che se ne va in una vigilia di Pasqua di tre anni fa: «Sono sopravvissuto alle persone più care, alla mia famiglia. Per la prima volta sono solo. E sono diventato un esperto di un genere letterario molto particolare, i necrologi».