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La chiesa vuole negare i diritti a chi non osserva un credo religioso

Ultimo Aggiornamento: 09/02/2006 09:28
09/02/2006 09:28
 
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Con soddisfazione registriamo che il riconoscimento giuridico delle coppie omosessuali è diventato attualità in Italia. Dall’ambito della cultura e da quello della vita quotidiana, la realtà delle relazioni d’amore fra persone dello stesso sesso finalmente investe anche la politica.

La proposta dei PaCS, i patti civili di solidarietà, redatta da un attivista storico del movimento omosessuale come Franco Grillini, è stata fatta propria dalla gran parte del movimento lesbico e gay e accolta da tutti i candidati alle Primarie dell’Unione, fatta eccezione per Mastella.

Il valore simbolico di una legge sulle unioni civili è grande: le relazioni d’amore tra donne e tra uomini cessano di essere un comportamento non conforme semplicemente tollerato e vengono considerati rapporti di mutualità rispettati e protetti dalla collettività come bene comune.

Un paese con i Pacs sarà certamente più laico e meno prigioniero di morali disumane, più accogliente per le speranze delle persone e meno coercitivo. La famiglia non sarà più intesa univocamente come nucleo procreativo, ma come formazione sociale fondata sull’inclinazione e sul desiderio di reciprocità dei soggetti.

Sono d’accordo sul fatto che la Chiesa abbia diritto a esprimersi su questioni che riguardano la vita associata, penso però che i suoi pronunciamenti possano essere valutati alla luce dei valori democratici. Come già in Spagna la scorsa estate, quando le gerarchie ecclesiastiche hanno indetto una manifestazione contro il matrimonio civile esteso alle persone omosessuali, anche da noi la Chiesa rigetta l’ipotesi di un pur più limitato istituto, rinominandolo “piccolo matrimonio”. Il rifiuto di Ruini, alla ricerca di un fondamento più forte del catechismo, si basa ora sull’invocazione dell’art. 29 della Costituzione italiana, che riconosce la famiglia come società naturale fondata sul matrimonio. Ma la Costituzione, se riconosce le unioni matrimoniali, non per questo vieta di riconoscere altre forme di unioni. I Pacs, come il matrimonio civile esteso alle coppie lesbiche e gay, nulla toglierebbero alle famiglie tradizionali, quindi la mobilitazione clericale è tesa a escludere le persone omosessuali dall’esercizio di diritti di relazione di tipo coniugale. Insomma non siamo di fronte a una mobilitazione per gli interessi di qualcuno, ma contro l’esercizio di uguaglianza da parte di qualcun altro. In sostanza siamo in presenza di una volontà discriminatoria esplicita. Si vuole spogliare, o mantenere spoglio di diritti chi non osserva un credo religioso. Per analogia, il pensiero va irresistibilmente alle teorie del razzismo, che allo stesso modo predicavano che qualcuno, in quanto sprovvisto di determinati requisiti ad esempio confessionali, dovesse essere escluso dalla piena cittadinanza. Ruini può senza dubbio parlare, ma siamo in diritto di annoverare le sue tesi nel catalogo del pensiero antiegualitario. Stupisce che ancora, oltre agli ecclesiastici, esistano politici che si sentono autorizzati a esprimere pareri insultanti su una ampia collettività di concittadini, come quella gay e lesbica, e senza che si registri una reazione di sconcerto e sdegno. Anche dal campo del centrosinistra, con poche eccezioni, vengono precisazioni sul fatto che il riconoscimento dei PaCS a loro giudizio non implica che quelle omosessuali siano da considerarsi come vere famiglie.

Penso che qualcosa di simile sia accaduto ad altre minoranze in questo paese, colpite da campagne diffamatorie e poi da leggi razziali, nell’indifferenza o con tiepidi distinguo dei più. Il nostro paese non ha completato la vaccinazione contro il razzismo, anche questa è la valenza progressiva della lotta sui PaCS: portare a compimento la cultura del rispetto per le minoranze. Se l’Unione approverà la legge sui PaCS a inizio legislatura imprimerà forza in questa direzione.
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