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Ds e famiglia: non solo ideologia, ma concrete politiche sociali

Ultimo Aggiornamento: 31/03/2006 11:58
30/03/2006 17:07
 
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Diritti. Sinistra italiana e tutela delle coppie. La replica all'assalto dell'Avvenire. Un intervento di Sergio Lo Giudice su Aprile

In un lungo articolo dell’Avvenire dal titolo “Ds & famiglia, i conti con la realtà”, Pier Luigi Fornari, ripercorre la storia dei rapporti fra Pci, Pds, Ds e il tema della famiglia a partire da una tesi assai ardita: il progressivo abbandono da parte di questo partito di una originaria difesa della famiglia tradizionale sarebbe la causa di una disgregazione sociale che rischia di produrre un “deserto umano”.

È vero che il Pci, già nell’Assemblea costituente, aveva affrontato il tema della famiglia con una certa subordinazione ideologica al punto di vista cattolico, assumendo un atteggiamento possibilista persino sul tema dell’indissolubilità del matrimonio. Ma il Pci non si attesterà su questa linea, che avrebbe ridotto il matrimonio civile ad una ratifica dell’omonimo sacramento cattolico. In quel partito mancava una seria attenzione ai temi delle libertà individuali, considerati poco più che vezzi borghesi, tant’è che le prime discussioni parlamentari sul tema del divorzio, alla fine degli anni sessanta, avvennero su iniziativa dei socialisti e dei liberali. Per la tradizione comunista i diritti legati alla sfera familiare, affettiva, sessuale non erano che manifestazioni di una sovrastruttura ideologica marginale rispetto ai temi reali, quelli legati alle dinamiche economiche e al conflitto di classe. Una tradizione dura a morire, se un esponente del PdCi come Marco Rizzo ha dichiarato di recente: “Dovrei battermi per i transgender o per i proletari? Non ho nulla contro gli omosessuali, però il conflitto sociale viene prima. Il resto verrà".

Questa miope contrapposizione fra diritti di soggetti discriminati la dice lunga su quanto abbia fatto fatica ad emergere, prima nel Pci e poi nei Ds, la questione del riconoscimento di differenti forme di famiglia. Un esempio positivo di questo percorso è dato da Nilde Iotti, che nella Costituente si era occupata proprio di famiglia e che nel 1998, cinquantenario della Costituzione, firmò un progetto di legge sulle Unioni affettive che recitava: “L'unione fra due persone, di maggiore età, dello stesso sesso, legate da vincoli affettivi, di solidarietà e di reciproca assistenza, morale e materiale, è riconosciuta dalla legge ai fini della costituzione e della pubblica registrazione”.

Quello che è accaduto in quei cinquant’anni è sotto gli occhi di tutti: nelle regioni amministrate dalla sinistra si è registrata la più ampia e diffusa tutela delle famiglie, considerate nei loro effettivi processi di trasformazione e nei loro bisogni concreti: asili nido, assistenza agli anziani, attenzione al lavoro femminile. Le famiglie italiane chiedono serie politiche di welfare, non costruzioni ideologiche. Secondo l’Eurispes il 68,7% dei cattolici italiani è favorevole ad una legge sul Pacs; l’Istat ci mostra che le coppie di fatto nel Paese sono un milione e duecentomila; numerosi Statuti regionali hanno riconosciuto, in modo laico e pragmatico, una pluralità di forme familiari a cui garantire servizi sociali e opportunità.

Le istituzioni della Repubblica non sono tenute al rispetto dei principi di una confessione religiosa, ma ai bisogni della popolazione, nel rispetto dei principi costituzionali. Quando l’art. 29 della carta fondamentale riconosce i diritti della famiglia fondata sul matrimonio, non nega diritti ad altre forme di relazione affettiva: come ha sancito già nel 1986 la Corte Costituzionale, una relazione di coppia stabile, anche se non unita in matrimonio, ha una rilevanza costituzionale ai sensi dell’art. 2.

Eppure in Italia non c’è né una legge che riconosca diritti delle coppie di fatto né un istituto giuridico a cui, come avviene nel resto d’Europa, possano avere accesso anche le coppie dello stesso sesso. A dispetto degli impegni presi con le organizzazioni gay e lesbiche, l’Unione non è riuscita ad accordarsi sull’istituzione del Pacs. Ma, con buona pace dell’Avvenire, noi sappiamo che la fine di questa sorta di apartheid sessuale che allontana l’Italia dagli altri grandi Paesi europei è solo questione di tempo.
31/03/2006 11:58
 
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Incontro dei Ds sulle coppie di fatto
La Montecchi: programma, gli "atei devoti" non rendono possibile fare di più

Le proposte dell'Unione sulle "coppie di fatto" sono un punto di inizio per il rilancio della questione dei Pacs, i patti civili di solidarietà già utilizzati nella legislazione francese, E' questa la risultanza di un partecipatissimo incontro sul tema delle unioni civili organizzato martedì scorso presso la sezione Ds del Centro storico ed organizzato dal Comitato cittadino della Quercia in collaborazione con la Sinistra Giovanile.

L'intento dell'iniziativa, come sottolineato dagli organizzatori, è stato quello di porre al centro del dibattito politico il rispetto delle persone, delle loro scelte di vita, dei loro legami e della solidarietà, che possono appunto estrinsecarsi nella formula dei Pacs. Si tratta quindi un accordo tra due persone, di sesso diverso o dello stesso sesso, per regolarizzare i rapporti personali e patrimoniali della loro vita in comune.

In fondo, secondo i dati forniti durante la serata, le stesse forme di famiglia, ad esempio nel territorio del comune capoluogo, sono cambiate. Le "famiglie di fatto", nel 2005, sono 2.421, il 7,3% delle 33.124 famiglie complessive. E' diminuito il numero dei matrimoni e sono aumentati i riti civili: nel 2004, su 537 cerimonie, 294 si sono svolte in chiesa e 243 in municipio. Infine, il 13,2% delle nozze degli ultimi vent'anni si è concluso con una separazione od un divorzio.

L'onorevole Elena Montecchi ha rimarcato come questa scelta rappresenti la migliore proposta per la regolamentazione di tali forme di convivenza, e si è dichiarata ottimista sul fatto che nella prossima legislatura possa essere approvata una normativa in tal senso. "All'interno del programma dell'Unione non credo si potesse fare di più, in questa campagna elettorale, dove un centro destra di "atei devoti" ha introdotto una modalità anomala del sentire le gerarchie religiose su atti legislativi e di portare trofei alle stesse a seconda dei casi". La parlamentare diessina ha poi ricordato come la proposta di legge sul cosiddetto "divorzio breve", da lei stessa presentata, sia affondata miseramente proprio alla luce di queste convenienze di parte.

Anche Sirte Cornioli, candidata alla Camera nella lista dell'Ulivo, ha espresso la speranza che per le unioni civili eterosessuali ed omosessuali possa essere al più presto varata una legislazione garantista, di pieno riconoscimento dei diritti, e che le proposte dell'Unione in merito possano rappresentare un solo punto di partenza in questa battaglia. La Cornioli ha poi ricordato che, per quanto concerne il Comune di Reggio, l'applicazione della legislazione sul regolamento anagrafico è riuscito ad evitare discriminazioni alle persone che hanno fatto questo tipo di scelta in alcuni campi fondamentali, ad esempio nell'accesso ai buoni affitto od alle case popolari.

Stefano Fancelli, segretario nazionale della Sinistra Giovanile, ritiene che la battaglia per i Pacs sia "una battaglia di civiltà, politica e culturale, in difesa dei diritti civili", e che non rappresenti certo una risposta ideologica ad una degenerazione familista.

Sergio Lo Giudice, presidente nazionale di Arcigay, non nasconde di "avere provato delusione di fronte alle proposte sulle unioni di fatto contenute nel programma dell'Unione", dal momento che, a suo parere, "di fronte a forme di convivenza diverse dal matrimonio, rischiano di essere riconosciuti i diritti dei singoli a scapito di quelli della coppia". Secondo Lo Giudice, i problemi nei confronti degli omosessuali sono ancora presenti, sia sotto il profilo normativo, sia sotto quello sociale e lavorativo. E sono quindi ancora molti, a suo parere, i gay e le lesbiche che vivono "nell'ombra".

"Una legge che riconoscesse dignità pubblica a questi amori, dando loro uno status giuridico, sarebbe molto importante, mentre il riconoscimento dei diritti dei singoli, di fatto, creerebbe una discriminazione dei gay italiani nei confronti degli eterosessuali, ma anche nei confronti degli altri omosessuali dei paesi europei", ha concluso Lo Giudice, convinto dell'impegno della quercia a favore dei Pacs.
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